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Da alcune settimane le svariate misure protezionistiche annunciate da Donald Trump fanno scorrere fiumi d’inchiostro. Alle tasse sulle importazioni di pannelli solari e lavatrici si sono aggiunte quelle sull’acciaio e l’alluminio.
Lo scorso 22 marzo, ai sensi dell’art. 301 della legge sul commercio del 1974, il presidente Trump ha firmato un provvedimento volto a fronteggiare “l’aggressione economica” cinese con l’istituzione di misure punitive su 60 miliardi di dollari d’importazioni dalla Cina, ossia circa il 12% dei pressoché 506 miliardi di dollari delle importazioni dalla Cina agli Stati Uniti del 2017. L’amministrazione statunitense giustifica tali misure come compensazione per presunte violazioni della proprietà intellettuale. Washington accusa in particolare il sistema di joint-venture imposto da Pechino alle aziende degli Stati Uniti: per poter accedere al mercato cinese, le imprese americane sono costrette a condividere con partner locali parte del loro know-how tecnologico. Dalla firma del provvedimento, l’amministrazione statunitense ha 15 giorni di tempo per presentare l’elenco ufficiale di prodotti e dazi interessati, a cui seguirà un termine di 30 giorni durante il quale gli industriali americani potranno sollevare eventuali obiezioni.