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Il riscaldamento climatico si traduce in un crescente stress idrico. Entro il 2030, l'ONU prevede che almeno una persona su quattro soffrirà di carenza d'acqua su base ricorrente. Questa difficoltà genererà inevitabilmente conflitti, guerre e quindi anche esodi e migrazioni, con tutte le conseguenze sociali che ne derivano.
Per far fronte a questa situazione occorrono investimenti colossali. Per questo motivo gli attori del settore privato e finanziario hanno il dovere di assumersi parte della responsabilità e proporre soluzioni finanziarie innovative.
Investire, sì, ma in che modo?
Il sesto obiettivo di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite consiste nel "garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell'acqua e delle strutture igienico-sanitarie". Il suo raggiungimento entro il 2030 richiede investimenti in infrastrutture adeguate, come impianti di trattamento e depurazione dell'acqua, unità di dissalazione, chioschi di purificazione, sistemi d'irrigazione per l'agricoltura, ma anche una migliore manutenzione delle reti idriche. Tali investimenti permetteranno di fornire servizi di base a più di 800 milioni di persone che al momento ne sono sprovviste nonché di migliorare l'accessibilità dei servizi a beneficio di oltre due miliardi di persone.
È possibile investire direttamente o attraverso fondi in società quotate che contribuiscono a questo obiettivo. Ad esempio, Xylem è un'azienda statunitense di gestione idrica che nel 2020 esibiva un fatturato di oltre 5 miliardi di dollari e una capitalizzazione borsistica di 18 miliardi di dollari. Questo titolo si è apprezzato di oltre il 28% nel 2020; nello stesso periodo, diversi fondi a impatto che investono parte del loro patrimonio in società quotate legate al settore idrico hanno messo a segno performance superiori al 15%.